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Neoplasie infantili, guarigioni in aumento


Ce ne sono di più, ma fanno meno vittime. E’ un quadro in chiaroscuro quello sui tumori infantili che emerge dagli ultimi studi pubblicati: se infatti il numero di casi è in aumento in tutta Europa, la mortalità è in drastico calo, e le terapie più moderne consentono spesso ai piccoli pazienti di avere una qualità della vita più che accettabile anche negli anni successivi alla fase della cura.
La tendenza all’aumento del numero dei casi è stata sottolineata da uno studio condotto in Germania dagli epidemiologi dell’Università di Mainz, e in Francia dall’International Agency for Research on Cancer di Lione. I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati sullo European Journal of Cancer. Nell’ambito dello studio sono stati analizzati i dati relativi a 33 Registri tumori di 15 Paesi europei, per un totale di circa 80.000 casi censiti durante il periodo 1978-1997, ed è emerso appunto che negli ultimi 20 anni c’è stato un aumento dei bambini colpiti da tumore, passati da 120 a 141 per milione (l’incremento è dell’1,1 per cento all’anno). Questo dato riguarda la media di tutti i tumori e livella, come sempre, grandi differenze: per esempio la crescita delle leucemie è stata, in media, dello 0,6 per cento, mentre quella dei sarcomi dei tessuti molli dell’1,8 per cento.



«Anche in Italia, per quanto è dato sapere grazie all’unico registro attivo per le neoplasie dell’infanzia, quello del Piemonte, la tendenza è analoga» spiega Alberto Garaventa, del Dipartimento di ematologia e oncologia pediatrica dell’Istituto Gaslini di Genova. Secondo gli ultimi dati disponibili infatti, in Piemonte si è passati da un’incidenza di 122,6 casi per milione nel periodo 1967-1971 a una di 195,2 degli anni compresi tra il 1997 e il 2001. Per gli autori dello studio europeo uno dei motivi, ancora in gran parte sconosciuti, dell’aumento dei tumori infantili potrebbe essere una maggiore esposizione ad agenti chimici e fisici ambientali che possono danneggiare il DNA, tanto delle madri quanto dei bambini. Ma giocano un ruolo anche i cambiamenti nello stile di vita e la dieta materna.



Bisogna poi considerare che in passato, a volte, i tumori infantili non venivano scoperti solo perché la mortalità infantile (comprendendo tutte le cause possibili) era molto più alta di oggi e non lasciava il tempo alle neoplasie di emergere allo scoperto. Oggi invece le cose sono radicalmente cambiate, almeno nei Paesi più ricchi, ed è anche migliorata di molto la capacità diagnostica. «Oltre a questo - aggiunge Garaventa - va tenuto presente che i bambini nati molto piccoli (che fino a pochi anni fa non sopravvivevano) sono da considerare più a rischio. Ci sono anche forti sospetti che il forte innalzamento nel livello generale di igiene (lo stesso, per intenderci, cui è imputato l’aumento delle allergie, perché il sistema immunitario, dovendo affrontare meno “nemici”, a volte tende a rivolgersi contro lo stesso organismo, ndr), unito a un aumento delle infezioni virali, possa avere un ruolo non secondario. Infine va detto che tutto quello che riguarda i rapporti tra i tumori infantili e l’inquinamento da radiazioni, campi elettromagnetici e varie sostanze chimiche, è ancora in gran parte sconosciuto, anche perché mancano fondi per la ricerca».



A fronte di questa situazione ci sono - come dicevamo - i dati, confortanti, della mortalità. Secondo quelli del Registro del Piemonte, per esempio, si è passati dai 91 decessi per milione del 1967-1971 ai 37 del 1997-2001. Un altro studio pubblicato recentemente sulla rivista Lancet Oncology da un team internazionale descrive la storia di più di 130 bambini malati di medulloblastoma, riferendo che, grazie alle terapie integrate, la sopravvivenza di 86 di loro, con una malattia a rischio medio, è passata dal valore atteso, e cioè il 70 per cento dei piccoli pazienti dopo cinque anni dalla diagnosi, all’85 per cento, e per i 48 bambini più a rischio, è salita dal 55 atteso al 70 per cento.
Il merito starebbe soprattutto nella personalizzazione delle cure, nel miglioramento della radioterapia e negli schemi di chemioterapia più corti, di 16 settimane invece delle 48 previste da diversi protocolli internazionali.
FONTE: corrieredellasera.it



18/01/2007

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